L’intemperanza dell’interdipendenza

Nel 2012, quando ancora lavoravo come artista full-time, sono stata invitata a partecipare a Prima visione, un programma di residenza per artisti finanziato dall’Unione Europea e organizzato in collaborazione con il Consiglio regionale del Ministero dei Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria. Il mandato era di “esplorare, durante la residenza, la città di Cosenza per scoprire e far circolare le immagini di un’Italia meridionale vista da una prospettiva lontana dalle solite cartoline illustrate”.

Io ho interpretato questo come un invito a ‘rivelare e mostrare’ attraverso la nostra prassi artistica una visione personale del Sud, cercando di andare oltre l’ovvio, qualunque cosa significhi. Durante la residenza ho lavorato insieme ai ricercatori di Dibest – Il Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell’Università della Calabria.

La mia idea consisteva nello scattare delle foto alle superfici dei telefoni touchscreen con un microscopio: sei telefoni appartenenti a sei studenti che si collegavano alla ben conosciuta metafora dei sei gradi di separazione, un’ipotesi originariamente creata dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy, secondo il quale ogni persona può essere collegata a qualunque altra persona o oggetto attraverso una catena di conoscenze e relazioni con non più di cinque intermediari.

Gli studenti mi hanno prestato i loro telefoni e il risultato emerso è stato molto interessante. Ciò che vedevo attraverso l’obiettivo del microscopio era una serie di bellissime gigantografie: immagini in cui la sporcizia si trasformava in una galassia astratta di pepite d’oro nel mezzo di un universo nero.

Poi mi sono fermata a lungo davanti a una di queste immagini raffigurante tre grandi lettere molto consumate: “NOK”. Le lettere rappresentavano Nokia, l’orgoglio e la fonte dell’autostima finlandese contemporanea. Io sono finlandese e sono cresciuta con Nokia, prima con i suoi stivali e dopo con i suoi cellulari.

La mia identità nazionale nel 2012 era legata a questo brand. Nel microscopio le lettere logore e sporche mi guardavano tristemente, come una vecchia showgirl che sa che il suo tempo è finito. Il colosso più grande del mondo del mercato dei cellulari era prossimo al collasso. Stavo facendo una ricerca artistica sul Sud e invece nel microscopio ho trovato il mio Paese del lontano Nord.

Presa dall’ispirazione ho continuato a scattare foto, questa volta di monete che avevo in tasca. Casualmente erano tutte tedesche e mentre contemplavo una gigantografia della porta di Brandeburgo sul retro della moneta da 50 centesimi ho fatto un salto dalla micro alla macro visione e mi sono chiesta: “Ha davvero senso riflettere sul ‘Sud’ senza considerare che siamo in una rete europea e globale interdipendente?” L’interpretazione del Sud dipende da come è connessa con tutto il resto. Qual è la sua posizione in un contesto più ampio?

Attraverso sistemi monetari, Internet, risorse naturali e così via, siamo tutti connessi. Non importa se siamo ricchi o poveri: respiriamo la stessa aria e beviamo la stessa acqua. Quando il mercato azionario cade in una parte del mondo, dall’altra parte se ne avvertono le conseguenze. Questa considerazione è radicalmente diversa dal solo cercare di capire ‘l’altro’ perché è ‘politicamente corretto’ o ‘arricchente’ farlo. Significa capire che siamo connessi, intrecciati e inseparabili, che ci piaccia o no. Condividiamo un pianeta e sistemi diversi in una delicata convivenza.

All’epoca del covid-19, che ha creato scombussolamento in un Paese dopo l’altro, questa considerazione sembra quasi una banalità. Con essa abbiamo scoperto, in un modo brutale, che non abbiamo il controllo su tutto quello che ci può accadere proprio perché siamo interconnessi! Un’azione minima e remota, causata da altri, può condizionare l’intera nostra esistenza, una sorta di effetto farfalla.

Con questa sensazione concernente la nostra mancanza di controllo dobbiamo imparare a vivere, ma forse possiamo cominciare a riflettere sulla nostra area di responsabilità e le conseguenze che le nostre azioni hanno sugli altri, per contribuire a sistemi comuni creando equilibrio invece che caos e distruzione.

[Articolo presente in “Persone&Conoscenze”, Rivista ESTE, n.144]

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