La nostalgia degli odori

Il Covid-19 ha tra i sintomi principali l’assenza di percezione degli odori. Ma se ci pensiamo bene, la pandemia ha costretto tutti a questa privazione.
La mascherina di protezione, che prudentemente indossiamo per evitare di contagiarci e di contagiare gli altri, coprendo bocca e naso infatti funge da filtro all’ambiente che ci circonda e ostacola il nostro senso dell’olfatto. L’isolamento in casa poi, non solo abbassa il “volume” dell’olfatto, ma lo azzera completamente, perché diminuisce fortemente la nostra esposizione a odori diversi. La pandemia rende così difficile la percezione degli odori, ci ha catapultati improvvisamente in un mondo asettico anche per quanto riguarda questi ultimi. Ciò ha un impatto sul nostro sentire, attiva emozioni specifiche, oppure al contrario ci impedisce di provarle.

Questa privazione è tutt’altro che irrilevante: l’olfatto non costituisce solo uno strumento essenziale di orientamento nel mondo, ma fa molto di più. Fragranze, aromi e odori ci circondano ovunque andiamo, riempiono la nostra vita in maniera travolgente e coinvolgente: svolgono un ruolo significativo, o meglio diversi ruoli, anche se spesso agiscono a livello inconscio e così non ce ne rendiamo conto.

Pensiamo per esempio al marketing. Come spiega chiaramente Annamaria Milesi, nel suo libro «Vendere l’immateriale. Intangible Marketing, Marketing Sensoriale e Marketing Narrativo», i profumi, così come i suoni, i colori e la disposizione fisica, sono oramai da diversi decenni elementi fondamentali nelle campagne di marketing, veri e propri strumenti capaci di influenzare i comportamenti dei clienti e quindi efficaci nell’aumentare le vendite. Gli odori diventano quelli che Sunstein e Thaler, nel loro libro «La spinta gentile» definiscono “nudge”, ovvero “pungoli”, piccoli aiuti dotati di una forza leggera, capace però di spingere le persone verso certi comportamenti, rendendo dunque alcune scelte più probabili di altre.
Così, per esempio, la diffusione strategica di aromi di vaniglia e cioccolato nei negozi di dolciumi, favorisce la cosiddetta “acquolina in bocca” nei consumatori, incentivandoli all’acquisto, oppure il profumo di salsedine nel reparto pescheria, finalizzato a ricreare l’atmosfera estiva e trasportare il cliente con la mente in un posto di mare. Sono appunto “spinte gentili”, perché non ci obbligano né ci forzano a fare nulla, ma rendono un’alternativa più immediata di un’altra.

E il potere degli odori non si ferma qua, nel marketing come nella nostra vita personale. Oltre ad essere elemento rilevante nelle architetture di scelta, essi creano identità. Pensiamo per esempio alla famosa catena di abbigliamento statunitense, Abercrombie&Fitch: appena varchiamo la soglia di un qualunque punto vendita, i nostri sensi sono invasi da un particolare profumo, che immediatamente riconosciamo e ci catapulta nel mondo del brand. In questo modo quella fragranza si lega inevitabilmente al marchio, ne racchiude l’essenza, ci racconta la sua storia e ci trasmette i suoi valori.

Gli odori e le emozioni

Questo utilizzo degli odori genera inevitabilmente un senso di appartenenza nei clienti e incrementa la loro fiducia e il loro affetto. Oppure ancora, evoca ricordi: la memoria olfattiva ha infatti una potenza ineguagliabile. Ci basta sentire per un istante un profumo significativo del nostro passato, come per esempio quello di un piatto cucinato da nostra madre, oppure quello di lavanda degli armadi di nostra nonna, per essere immediatamente catapultati all’indietro nel tempo, e rivivere con la stessa intensità eventi, situazioni, persone ed esperienze passate e con essa le emozioni connesse all’evento in questione. I substrati neurologici dell’olfatto sono infatti particolarmente orientati all’elaborazione emotiva. I bulbi olfattivi fanno parte del sistema limbico e si collegano direttamente alle strutture limbiche che elaborano le emozioni presenti nell’amigdala, la parte più arcaica del nostro cervello. Nessun altro sistema sensoriale ha questo tipo di legame intimo con le aree neurali che riguardano le emozioni, quindi esiste una forte base neurologica per cui gli odori innescano reazioni emotive.

Carta “Appartenenza” dal mazzo di carte delle emozioni del tool-kit flowknow®

AXEL STRASCHNOY – Planetarium Still Series #5 (2012)

 

Al di là dell’aspetto morale e dunque dei risvolti etici delle pratiche di condizionamento sfruttate dal marketing, queste riflessioni possono dirci qualcosa di molto significativo sull’impatto e sul valore che gli odori hanno nelle nostre vite. Gli odori influenzano i nostri stati d’animo e questi a loro volta influenzano il modo in cui pensiamo (cognizione) e agiamo (comportamento). Il modo in cui ci sentiamo poi è strettamente connesso a quanto riusciamo ad attivare la nostra creatività. Diventa quindi sempre più evidente come le emozioni positive siano collegate ad un aumento della produttività, delle prestazioni e della tendenza ad aiutare gli altri, mentre l’umore negativo riduce il comportamento sociale.

Prima della pandemia, gli odori permeavano la nostra quotidianità in maniera irrefrenabile, in un certo senso si imponevano in quasi tutti gli ambiti delle nostre vite. L’ufficio che frequentiamo infatti, o che frequentavamo, ha un peculiare odore, dato dall’insieme dei materiali dei mobili, delle vernici sui muri, della macchinetta del caffè e dei profumi utilizzati dai nostri colleghi. Le persone, inoltre, hanno un odore: quello naturale della pelle, mischiato alle fragranze personali o dei prodotti di bellezza. E, così come nel marketing, anche in questo caso gli odori creano esperienze di relazione tra le persone, e tra una persona e l’ambiente che la circonda. Gli odori creano quindi uno spazio di contatto, che nella condizione attuale viene meno a causa appunto della mascherina e del distanziamento sociale, del vivere il contesto lavorativo a distanza. La percezione olfattiva determina, almeno in parte e a livello per lo più inconscio, la relazione che avremo con una persona, perché capace di generare in noi emozioni contrastanti: simpatia e attrazione, ciò che insomma a volte chiamiamo chimica interpersonale, oppure repulsione, che può addirittura trasformarsi in avversione.

 

Carta “Repulsione” dal mazzo di carte delle emozioni del tool-kit flowknow®

CAMILLA ALBERTI – Landscape 1 (2016)

Carta “Avversione” dal mazzo di carte delle emozioni del tool-kit flowknow®

MASSIMILIANO VIEL – Andromeda(2012)

 

Se ci fermiamo a riflettere, ogni luogo che abitiamo è pervaso da fragranze più o meno particolari. Queste fanno a tutti gli effetti parte della nostra esperienza del mondo e addirittura di ciò che significa essere umani, ovvero anche e prima di tutto fisici. L’olfatto determina in modo significativo la nostra percezione complessiva del mondo: contribuisce in maniera sostanziale all’idea che ci facciamo di ciò che c’è fuori, aiutandoci notevolmente nell’interazione con l’esterno e con gli altri: nell’isolamento non veniamo privati solo della socialità e dell’efficacia, ma più ampiamente dell’essere parte del mondo come soggetti fisici, dotati di sensibilità.

E possiamo accorgerci come, proprio per questo motivo, oltre alle esperienze in sé, ci manchi l’aspetto sensoriale. Ci manca il profumo della pizza il sabato sera, l’odore del cloro entrando in piscina, quello dello shampoo del barbiere, quello di pulito entrando in lavanderia. 

Per alcuni di noi possiamo parlare di una vera e propria nostalgia. La nostalgia ha a che fare con una mancanza, che necessariamente provoca in noi un dolore. É un’emozione che contiene in sé essenzialmente la contraddizione: Heidegger  la definisce come “il dolore per la vicinanza del lontano”, sottolineando come essa contenga in sé gli opposti. La nostalgia è infatti provocata dall’assenza di qualcosa che prima c’era e ora non ci appartiene più, qualcosa quindi che conosciamo e che vorremmo di nuovo indietro. Qualcosa che è lontano, nel tempo o nello spazio, ma che sentiamo in un certo senso comunque vicino, perché ci tocca, ci coinvolge ancora. 

Si tratta dunque di un’emozione intensa, perché possiede un oggetto preciso: è sempre nostalgia “di qualcosa”. Caratterizzata da una tristezza nitida e acuta, si distingue dalla malinconia, che possiamo definire “stato d’animo intonato a una vaga tristezza”.

 

Carta “Malinconia” dal mazzo di carte delle emozioni del tool-kit flowknow®

TOMISLAV BRAJNOVIĆ – Greenhouse (2003)

La nostalgia invece comporta un sentire vivido e fervente: ricordiamo tutti bene che cosa significa entrare nei nostri luoghi abituali ed essere travolti da quel profumo particolare, che riconosciamo anche da lontano, e non poterlo percepire ci limita. 

Tutto questo però ci dice anche qualcosa di positivo: come abbiamo visto la nostalgia ha in sé il seme della gioia, del piacere. É dolorosa, ma come una ferita che contiene in sé il farmaco, la medicina capace di curarla e farla rimarginare. Fa male e bene al contempo, perché è una tristezza che nasce da una felicità passata, dovuta al ricordo di un momento felice a cui aneliamo e che vorremmo indietro. 

É quella provata da Ulisse per la lontananza da casa, che gli fa desiderare di ritornare presto in patria. Il ritorno (nostos in greco) è infatti nell’etimologia stessa della parola nostalgia. 

E allora la speranza è che quando potremo tornare alla normalità, ricominciando a frequentare i nostri luoghi e vivendoli a pieno, senza barriere e privazioni fisiche, sapremo notare e apprezzare di più la complessità di ogni esperienza, partendo proprio dai piccoli dettagli che prima passavano inosservati, come per esempio il nostro senso dell’olfatto. E questo sarà possibile proprio grazie alla nostalgia, che come abbiamo visto ci tiene legati al suo oggetto, a ciò che ci manca, non ce ne fa dimenticare la bellezza ma ce la fa desiderare. 

Allora forse, proprio grazie a questo periodo di lontananza e privazione degli odori, sarà come quando entriamo per la prima volta in una stanza, prima che il naso si abitui: una vera e propria esplosione di profumi.

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